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Un pò di storia

Un pò di storia


Il documento ufficiale dove compare per la prima volta il nome di Rovasenda è il diploma con cui il re Carlo Il Grosso, discendente di Carlo Magno, conferma, nel' 882, al vescovo di Vercelli, Luitvardo il possesso del territorio vercellese.
L'atto, tra l'altro, dice: "...confirmamus totam silvam Rovaxindam pertinentem ad plebem S. Laurentii (cioè alla pieve di San Lorenzo di Gattinara)".
Il paese però non si trovava nella posizione attuale, ma sulle rive del torrente Marchiazza, in località "Pievanasco" in termine dialettale " 'l ciuchè ". La tradizione popolare asserisce che quivi siano stati ancora visibili, fino a non molti anni fa i resti del campanile della prima chiesa di Rovasenda. In tale periodo la giurisdizione del borgo era affidata agli Arimanni, uomini liberi dell'età longobarda che godevano di molti privilegi sulle nostre campagne.

La signoria dei Rovasenda ha inizio nel 965, quando Ingone, vescovo di Vercelli concede in feudo a Aimone, conte di Vercelli, il territorio coperto per la maggior parte dalla "silva Rovaxinda".
Il capostipite dei signori di Rovasenda può ritenersi Giovanni di Biandrate perché i suoi figli per primi assunsero tale titolo e vennero a risiedere stabilmente nel loro feudo. A quei tempi infatti vi era l'usanza, per le famiglie più illustri, di ricevere il nome dal luogo ottenuto dal dominio feudale.
I figli di Giovanni di Biandrate, Alberto, Guglielmo, Guido e Risbardo, ritennero opportuno edificare, a difesa dei loro possedimenti, una rocca, per la cui costruzione scelsero, nelle vicinanze del borgo preesistente il punto più elevato, che permettesse di dominare il territorio circostante.
Alberto di Rovasenda fu il principale promotore dell'iniziativa e nel 1170 ebbero inizio i lavori dell'imponente opera che ben presto attirò nel suo raggio gli abitanti dell'antico borgo e divenne il centro catalizzatore di ogni attività agricola, economica, militare.

Dall'anno di fondazione del castello numerosi fatti storici sono accaduti nel Vercellese e nel territorio Rovasendese;
nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini si distingue Giovanni di Rovasenda, valoroso capo guelfo, che resiste fino all'ultimo, anche in aiuto dei paesi vicini, come Lenta, alle incursioni dell'avventuriero Gherardino Spinola, al soldo dei Visconti.
Proprio i signori di Milano diventano i primi alleati dei feudatari della Baraggia. L'accordo con i Visconti dura però poco; nel 1355 Rovasenda diventa confederata coi Marchesi del Monferrato.

E' il periodo in cui si affaccia alla ribalta politica l'astro nascente della Casa Savoia. Agli albori del 1400 tutte le terre del Vercellese sono assoggettate dal dominio Sabaudo, solo il feudo di Rovasenda è ribelle e restio a passare sotto le insegne dei Savoia. E' epica in questo periodo la lotta contro Balocco, terra fedele ai Savoia: il 18 marzo 1413 il castello del vicino borgo viene incendiato e nello scontro bellico trovano la morte novanta persone. I rovasendesi sono tacciati di protervia, bellicosità, predoneria, in realtà si tratta di ardore nella difesa del proprio territorio e dell'autonomia operativa.
Il 14 luglio del 1413 però, dopo un assedio di alcuni mesi, il feudo rovasendese capitola e si arrende ad Amedeo VIII di Savoia, con piena dedizione. Il Duca Sabaudo reinveste i signori locali nei loro possedimenti con l'impegno di ricevere l'investitura e di essere buoni vassalli.



Ha inizio così per la signoria di Rovasenda la giurisdizione Sabauda a cui si manterrà sempre fedele.
Nel 1459 prende avvio la costruzione di una nuova torre che sostituisce "Maschio Antico", che si trovava al centro dell'attuale cortile interno del castello. Il fautore del poderoso baluardo di difesa, che viene portato a termine nel 1461 è Antonio di Rovasenda.
La svettante torre misura 48 metri di altezza con il lato di metri 9, la base poggia su un unico arco, mentre il terrazzo dell'ultimo piano è aggettante sulle pareti esterne, per lasciar posto ad una corona di caditoie quadre, undici per ogni lato.
Contemporaneamente sul lato nord attigua alla torre, veniva costruita anche un'ala fortificata, che presenta lo stesso stile architettonico con i merloni sostenuti da barbacani in pietra, sporgenti sul muro sottostante per l'apertura di caditoie quadre.

Tra gli studiosi, il Calligaris giudica la torre di Rovasenda "Così bella e artificiosamente costruita che nessun'altra poteva pareggiarla in questo stato e nelle circonvicine contrade".

Rovaxinda: un feudo nella Baraggia.